L'opera del mese del Museo della Scuola Romana - marzo 2024
Luigi Bartolini
Scarabeo Ercole, 1934
acquaforte, es.7/50, h 240 x 290 mm.
Comodato d'uso Luciana Bartolini.
Bartolini è considerato tra i migliori incisori italiani contemporanei, assieme a Giorgio Morandi e Giuseppe Viviani. L’opera proposta in questa sezione è infatti realizzata dall’artista con la tecnica dell’acquaforte, consistente nell’incisione con acido nitrico della lastra di metallo che poi viene inchiostrata per trarne riproduzioni su carta. I soggetti delle incisioni di Bartolini, sempre figurativi, sono ripresi dal mondo reale, ma a volte in composizioni di fantasia, e spaziano dal microcosmo di oggetti, insetti, piante, dettagli, fino alla figura umana e al paesaggio. In questo caso ci troviamo di fronte ad uno studio di Scarabeo Ercole, una specie esotica nota per la sua magnifica forza e le dimensioni notevoli. Sul foglio il coleottero è rappresentato tre volte in posizioni diverse, mentre lateralmente si trovano abbozzate, sulla destra, una figura umana ed un tronco di albero, che fanno pensare ad una iniziale prova di incisione. L’esemplare centrale di scarabeo è inserito all’interno di una cornice quadrangolare dagli spessi bordi. Il segno che caratterizza questa, come altre opere di Bartolini, mostra una capacità pittorica nell’uso della tecnica, in alcuni casi con un tratteggio leggero ed una ricerca sulla luce, altre volte con un segno più accentuato e scuro. Questa incisione è stata realizzata dall’artista durante il periodo di confino cui fu relegato dal regime fascista. Tra le pubblicazioni in cui l’opera appare, si segnala il catalogo della mostra Luigi Bartolini. Linee di libertà, tenutasi all’Accademia Belle Arti di Roma nel 2019.
Scrive il critico Giuseppe Appella su Bartolini:
“Si comprende allora, nella cultura del ‘900, la coesistenza di differenti modi espressivi e, tra questi, le qualità visionarie di Bartolini, la sua ostinazione su personaggi, fatti e fatterelli, bozzetti di vita minore, utili a rintracciare una vena insolita, a occupare un luogo della coscienza dove ogni attività avviene in parallelo, senza categorie da difendere o nelle quali sistemarsi. Realistico e fantastico, in cui normalmente viene collocato il suo lavoro, sono categorie astratte per Bartolini che, per tutta la vita, ha fuso entrambe, volendo […] arrivare a ciò che interessa il grande principio della poesia e non conosce altro padrone, altra signoria, altro comando, altre voci” (Luigi Bartolini: l’arte come atto d’amore, in Bartolini, l’uomo, l’artista, lo scrittore, catalogo della mostra, Macerata, 1989, pg.10)
Luigi Bartolini (Cupramontana, Ancona, 1892 - Roma 1963) oltre che incisore, è stato pittore e scrittore. Tra le opere letterarie più note, si citano: Ladri di biciclette del 1946 (da cui Cesare Zavattini trasse il soggetto del famoso film omonimo di Vittorio De Sica); Il ritorno sul carso del 1930; Passeggiata con la ragazza, 1930 e 1962; Credo d’artista, 1945 e Poesie del 1954.
Il giovane Luigi trova già nell’ambiente familiare una certa predisposizione alle arti e alla letteratura; il padre era stato direttore didattico con la passione per i classici e lo zio materno, Elia Bonci, autore di un testo di teoria delle ombre. Dopo gli studi tecnici, compiuti a Jesi, Luigi Bartolini si trasferisce a Siena, nel 1907, dove si iscrive all'Istituto di Belle Arti e nel 1909 passa a Roma, dove frequenta l'Accademia di Belle Arti e l'Accademia di Spagna; successivamente è a Firenze, dove segue lezioni di architettura, anatomia e nudo alla locale Accademia. Sono questi gli anni centrali per la sua formazione durante i quali conosce il poeta Dino Campana ed il pittore Ardengo Soffici. Lo scoppio della prima guerra mondiale e la chiamata alle armi interrompono bruscamente la sua attività artistica. Combatte sul Piave, sul Carso e in Cirenaica da ufficiale di artiglieria, ricevendo una medaglia di bronzo al valore e una croce al merito. Finita la Guerra, nel 1919 è a Macerata come insegnante in una scuola professionale, e, successivamente, riceve diversi incarichi che gli fanno cambiare molte città; nel frattempo incrementa la propria attività di incisore, oltre che di pittore, fino ad ottenere nel 1922 il Diploma di Grande Medaglia d'Argento di S.M. il Re, a seguito della partecipazione all'Esposizione Provinciale d'Arte di Macerata. Nel 1928 è chiamato per la prima volta a esporre le sue opere alla Biennale di Venezia, manifestazione alla quale prenderà parte regolarmente fino al 1962,un anno prima della morte, e dove godrà di una sala personale sia nell’edizione del 1942 (XXIII Biennale) per la quale ottiene il Gran Premio per l’Incisione, sia in occasione della sua ultima partecipazione. Non mancano altri importanti riconoscimenti, tra i quali si cita il premio del 1932 ottenuto ex equo con Giorgio Morandi e Umberto Boccioni (alla memoria) nell’ambito dell’Esposizione del Bianco e Nero alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Inaspettatamente, durante il suo periodo di residenza ad Osimo, nelle Marche, nel 1933 viene arretato con l’accusa di “mantenere segreti rapporti epistolari con i fuoriusciti”. Dopo un mese di carcere ad Ancona, viene confinato prima a Montefusco e poi a Merano dove rimarrà fino al 1938. Nel 1945 Bartolini racconta la propria odissea in merito alle vicende del confino politico in un breve libro, Perché do ombra. Nonostante la sofferenza del confino, questo sarà uno dei suoi periodi più proficui. Nel frattempo nel 1935 la II Quadriennale d’Arte di Roma gli dedica una sala conferendogli il primo premio per l’incisione, evento che si ripete anche nel 1939. Nel 1937 ottiene la Medaglia d’oro e di bronzo all’Exposition Internationale des Arts et des Tecniques a Parigi. Terminato il confino a Merano, rientra a Roma dove va ad insegnare al Museo Artistico Industriale. E’ premiato ancora in Francia nel 1948 al Musèe des Beaux Arts di Nancy per la sua partecipazione in rappresentanza per l’Italia alla mostra sugli ex libris e sull’illustrazione del libro.
Bartolini è presente a tutte le più importanti manifestazioni artistiche nazionali ed internazionali del suo tempo, tra cui: Londra (1946), Stoccolma (1947), Parigi (1937-1949-1950), Zurigo (1947-1949), New York (1949), Anversa (1953), Varsavia ( 1959), Tolosa (1953), Monaco( 1957), Atene (1955), Rio de Janeiro (1948), San Paolo del Brasile (1951), Lisbona (1951-1953), Bruxelles (1951-1953). Nel 1949 il Gabinetto delle Stampe di Parigi acquista sue acqueforti. Nel 1950 a Lugano (1950), nella Mostra Internazionale del Bianco e Nero vince un premio ex equo con altri artisti quali Rouault, Kubin, Morandi e Delvaux. Nel 1951 Carlo Albero Petrucci presenta una sua mostra personale alla Calcografia Nazionale e tenta un primo ordinamento della sua produzione incisoria con un catalogo in cui sono pubblicate 1.067 opere; sempre in Calcografia, ripeterà altre due personali negli anni 1962 e 1997. Intensissima fino agli ultimi anni di vita anche la sua produzione letteraria, quale scrittore, poeta, critico d'arte e polemista. In questo campo annovera circa 70 pubblicazioni con le maggiore case editrici nazionali (Vallecchi, Arnoldo Mondadori Editore, Longanesi, Nistri Lischi) e collaborazioni con numerose riviste e giornali italiani.
Nel 1960 viene nominato Accademico di San Luca. Nel 1965 gli viene dedicata una retrospettiva nell'ambito della IX Quadriennale di Roma. Una mostra postuma Bartolini, l’uomo, l’artista, lo scrittore, sopra citata, è allestita a Macerata nel 1989 a cura di Giuseppe Appella e Vanni Scheiwiller. Ulteriori approfondimenti sull’artista sono disponibili sul sito www.luigibartolini.com
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