L’opera del mese Museo della Scuola Romana - luglio 2023

Francesco Trombadori
Paese d’Abruzzo, 1927-1935
olio su tela, cm64x83,5
inv. MSRo 73

FrancePaese d’Abruzzo, 1927-1935 olio su tela, cm64x83,5 inv. MSRo 73 dettaglio

In un paesaggio agreste con basse colline disseminate di ciuffi di vegetazione, in primo piano è rappresentato, a destra, l’angolo di una casa che si affaccia su di una strada sterrata, e a sinistra una seconda casetta circondata da cespugli e alberi. Entrambe senza finestre. Un’immagine classica, essenziale e lirica, in cui regnano la luce morbida, il silenzio e l’assenza di attività umane. I delicati e sapienti passaggi di tono tra una zona di colore e l’altra, rendono il dipinto pittoricamente prezioso, anche se tradizionale nella scelta figurativa.
Questo soggetto, con minime varianti, ritorna in altre opere dell’artista, intitolate anch’esse Paese d’Abruzzo, una regione che egli conosceva bene in quanto, nei primi decenni del secolo usava passare lunghi periodi a Pescasseroli. L’opera si inserisce quindi nella ricca produzione paesaggistica di Trombadori del terzo e quarto decennio del XX secolo, che evidenzia il forte interesse dell’artista per questo genere, che si affermerà ancora meglio negli anni del dopoguerra. La rappresentazione di varianti di uno stesso paesaggio è usuale per Trombadori che lavora volentieri con la fotografia piuttosto che dal vivo, come ricorda la figlia Donatella (“mio padre non ha mai dipinto un paesaggio dal vero”, cit. in Fagiolo dell’Arco M., “Alba a Dordrecht”, in “Trombadori”, Roma, 1986, p. 21). Una modalità di lavoro peculiare, quasi teatrale, come se all’interno di scenari simili o uguali, gli elementi della composizione fossero intercambiabili a scelta dell’artista: “si può dire che si sia comportato col paesaggio come ha fatto con la natura morta: ha individuato i segni essenziali e li ha montati e smontati come personaggi alla ribalta d’un palcoscenico sul quale è importante la delimitazione formale dello spazio, oltre alla qualità sempre primaria della luce” (Fagiolo dell’Arco M., ivi, p. 16).
Il dipinto è pervenuto nel 2006 nelle collezioni del Museo della Scuola Romana grazie ad una donazione di Donatella Trombadori, figlia dell’artista, che lo aveva riacquistato sul mercato antiquariale verso la fine degli anni ’80 del sec. XX (testimonianza orale di Donatella Trombadori).

Francesco Trombadori (Siracusa 1886 – Roma, 1961).  
Originario di Siracusa, dove matura un amore per la pittura grazie anche alla presenza, nel locale Santuario di Santa Lucia, del noto dipinto di Caravaggio dedicato al seppellimento della Santa, l’artista raggiunge Roma nel 1907. Nella Capitale segue i corsi dell’Accademia di Belle Arti e della Scuola del Nudo. Nel 1911 organizza una prima mostra personale dei suoi dipinti, a Siracusa, nel foyer del Teatro Comunale; in questa fase esprime una pittura legata per lo più alla corrente del divisionismo, conosciuta a Roma. Nel 1914 è ospite alla II Mostra Internazionale della Secessione Romana dove firma le sue opere con il nome Franz Trombadori d'Ortigia. Dopo la partecipazione alla prima Guerra Mondiale nel 1915, dove rimane ferito, torna nella Capitale e si lega al gruppo di Valori Plastici - fondato dagli artisti Mario ed Edita Broglio - e nel 1919 partecipa alla  Esposizione della Società degli Amatori e Cultori. Capillare è la sua rete di amicizie tra gli artisti, coltivata anche attraverso l’assidua frequentazione del noto Caffè Aragno, su via del Corso, ritrovo di intellettuali e politici. Espone nel 1923 alla Seconda Biennale Romana, occasione di confronto con artisti con cui condivide una simile poetica neoclassica e purista: da Antonio Donghi a Carlo Socrate e Nino Bertoletti. Nel 1924 è invitato alla Biennale di Venezia e all’Esposizione di venti artisti italiani presso la galleria Pesaro di Milano. Alla Terza Biennale romana nel 1925 espone nella stessa sala di de Chirico artista al quale è legato da un rapporto di reciproca stima. Negli anni '30 i suoi quadri partecipano a mostre organizzate all’estero: Buenos Aires, Stoccolma, Oslo, Baltimora.  Nel 1931 è invitato alla prima Quadriennale romana a Palazzo delle Esposizioni. La sua pittura di quest'epoca, abbandonati i modi del divisionismo, mostra una purezza formale unita alla conoscenza dell'arte del passato, proponendo ritratti, nudi e nature morte. Usa una stesura pittorica nitida, quasi smaltata, con una ispirazione seicentesca nelle nature morte. L’artista è infatti spesso considerato dalla critica come l’interprete del nuovo corso di ritorno alla tradizione nella pittura italiana, ed è inserito, durante il corso degli anni Venti, nel gruppo del Novecento, promosso da Margherita Sarfatti, l’importante critica e animatrice culturale, vicina al Regime.
Durante l'ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale, Trombadori è coinvolto in alcune vicende drammatiche: dal pesante interrogatorio cui fu sottoposto dalla Banda Koch per strappargli notizie del figlio Antonello, ricercato dalle SS, alla morte del fratello Giuseppe per le sofferenze subite con la persecuzione fascista.
Dopo la Liberazione, la prima mostra cui partecipa è la rassegna Arte Contro la Barbarie, artisti contro l’oppressione nazifascista, organizzata nell’agosto del 1944 presso la Galleria di Roma dal quotidiano l’Unità. Riprende quindi a pieno, nel dopoguerra, l’attività pittorica, riconosciuto ormai quale mastro della pittura italiana. Si possono ricordare alcune mostre personali successive: alla Galleria del Pincio a Roma nel 1951, alla Galleria Tartaruga a Roma 1955, al Centro San Babila a Milano nel 1960, alla Galleria Russo a Roma nel 1961.
Trombadori è stato anche critico militante, scrivendo per le riviste “L’Epoca”, “L’Opinione”, “Il Giornale d’Italia”, “Gente Nostra”, “Il Piccolo”, “Il Mattino”. Muore a Roma nel 1961.
Nella Capitale, a Villa Strohl Fern, (attualmente di proprietà dello stato francese), alle pendici di Villa Borghese, è visitabile lo studio che il pittore, come altri artisti, aveva ottenuto e vissuto con la famiglia e che dal 1985 è vincolato dal Ministero per i Beni e le attività Culturali.   

 

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