L'opera del mese del Museo della Scuola Romana - gennaio 2023

PASQUAROSA MARCELLI
Scacchiera, 1932 circa,
olio su tela, cm. 54 x 66 (senza cornice)
in comodato d’uso di Giuseppe Bertolami presso il Museo della Scuola Romana

Pasquarosa Marcelli, Scacchiera, 1932 circa, dettaglio

Ripreso dall’alto con taglio obliquo, un tavolino ricoperto in panno verde, mette in bella mostra vari giochi collocati disordinatamente: i pezzi in sequenza di un domino, un tabellone del Gioco dell’Oca, alcuni dadi, una scacchiera su cui sono ancora presenti alfieri, cavalli e torri, qualche carta napoletana sparigliata; tra di essi, si inseriscono una pipa da donna dal lungo boccaglio, una brocca ed un bicchiere colmi a metà di un liquido giallo. È questa l’atmosfera intima, calda e rilassata che la pittrice Pasquarosa Marcelli ha voluto evocare con questa sua natura morta che viene pubblicata, non a caso, in occasione delle festività invernali su questa rubrica mensile del Museo della Scuola Romana.
All’inizio degli anni Trenta del secolo scorso, in un periodo già di maturità artistica, la pittrice spesso si cimenta nella rappresentazione di tavoli da gioco, assieme alle più consuete nature morte con vasi e fiori. In essi permane quella sua caratteristica pennellata vibrante che costruisce le forme senza mai definirle in modo certo, statico e ordinario; piuttosto esse ci appaiono come uscite da un sogno, e forgiate dalla forza espressiva dell’artista e da una innata sensibilità verso il colore, che la avvicina agli artisti francesi del post impressionismo e, per alcuni versi, ai fauves, cui è stata paragonata spesso dalla critica. L’opera è stata esposta durante la XIX Biennale di Venezia, nel 1934.

La biografia di Pasquarosa Marcelli Bertoletti (Anticoli Corrado,1896 - Camaiore, 1973) è di particolare fascino ed interesse. Nasce nel 1896 da una modesta famiglia di contadini, ad Anticoli Corrado, caratteristico paesino della Valle dell’Aniene, noto nell’ambiente romano per la tradizione delle modelle, giovani donne che arrivavano nella Capitale per posare negli studi degli artisti di via Margutta o ai corsi dell’Accademia di Belle Arti. Anche la giovane Pasquarosa a 16 anni lascia il paese natio per trasferirsi a Roma ed intraprendere questa carriera già avviata da una zia; nella capitale conosce il pittore Nino Bertoletti, di sette anni più grande di lei, cui si lega affettivamente e che diventerà suo marito e padre dei suoi figli.
Ancor prima di sposarsi, la coppia va a vivere nella comunità di artisti di Villa Strohlfern, alle pendici di Villa Borghese, dove Pasquarosa, abbandonando il lavoro di modella, inizia invece a cimentarsi con i pennelli e a raggiungere i primi riconoscimenti da pittrice, sorprendendo il mondo artistico nazionale, in considerazione del suo innato talento che le permette di superare i limiti di una originaria  carenza di formazione, sia artistica che intellettuale.  Nino e Pasquarosa, insieme partecipano nel 1915 alla Terza Esposizione Internazionale d’Arte della Secessione romana: lei riscuote un immediato successo, la regina Margherita acquista un suo dipinto ed Emilio Cecchi commenta il suo lavoro come un «fatto interamente nuovo».
Nel 1918 prende parte alla mostra collettiva alla Casina del Pincio, allestita da Carlo Tridenti e Marcello Piacentini; per l’occasione Cipriano Efisio Oppo scrive alcune righe a lei dedicate: «Il fenomeno Pasquarosa è stato negli anni scorsi un miracolo. Tutti abbiamo visto in questa pittura inesperta qualcosa di straordinario». La sua carriera di artista è consacrata con la mostra personale all’Arlington Gallery di Londra del 1929. Negli anni successivi partecipa, fra l’altro, alle Biennali di Venezia (1932, 1934, 1936, 1948), alle Quadriennali romane (1931, 1935, 1939, 1948), alle mostre del Sindacato laziale fascista (1929, 1932, 1936, 1937). La si potrebbe definire una pittrice fauve, ma il suo stile, sia nei colori vivaci che nella gestualità, non è frutto di una scelta di adesione ad un movimento artistico, quanto piuttosto un raggiungimento del tutto personale ed istintivo. Per tutta la sua lunga vita di artista dipinge vasi di fiori, ciotole, ventagli, angoli di interni casalinghi, con colori accesi e contrastanti stesi in strati pastosi e a vaste campiture, che firma con il solo nome di nascita, forse per modestia.

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